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La leggenda del vento – Stephen King (Recensioni)
Nonostante la fine ufficiale della saga della Torre Nera, Stephen King torna ai suoi amati personaggi.
Otto anni dopo “La Torre Nera”, settimo libro della saga omonima nella quale si scriveva la parola fine sulle vicende del pistolero Roland di Gilead, Stephen King pubblica un ottavo libro inerente il Ka-tet alla ricerca della Torre al centro dei mondi.
Una volta assimilati pochi riferimenti sulla saga, è un libro che può essere letto anche senza aver affrontato i sette libri precedenti, il che è un bene, in quanto i lettori occasionali che aveva Stephen King nel 1982, quando ha pubblicato “L’ultimo cavaliere”, primo della saga, non sono certo quelli che ha giusto 30 anni dopo, con “La leggenda del vento”.
Libro che è una matrioska, con il Ka-tet al completo (Roland, Eddie, Susannah, Jake e il suo bimbolo Oy) che si trova quasi sorpreso dallo Starkblast, una tempesta che con la sola forza del vento congela e uccide tutto quel che incontra. Il gruppo riesce a chiudersi in una casa e attende la fine della tempesta, con Roland che per ingannare il tempo narra alcune storie ai suoi compagni di avventura. Quindi dalla prima storia, il Ka-tet che deve salvarsi dalla tempesta, esce una seconda, dove un giovane Roland di Gilead viene mandato dal padre a sconfiggere lo Skin-man, una specie di lupo mannaro che minaccia la pace di un villaggio. Un ragazzino, Bill Streeter, chiamato Young Bill, è l’unico in grado riconoscere lo skin-man, dopo un attacco durante il quale il mostro ha mietuto molte vittime tra cui suo padre. Poco prima di tentare il “riconoscimento all’americana”, Roland di Gilelad lo fa riposare e gli racconta una storia inventata da sua madre (quindi l’unica “finta” nei termini del romanzo stesso), che è la terza parte del libro, la più corposa, e si chiama appunto “La leggenda del vento”. La terza matrioska rivela la storia di un bambino che deve salvare se stesso e sua madre da una minaccia forse troppo grande per lui, in quanto deve trovare il responsabile della morte del padre. La fine di questa storia coincide con il ritorno a quella con lo skin-man, ai pistoleri che lo affrontano e poi scivola verso l’inizio del libro, tornando al Ka-tet, quando ormai lo Starkblast è finito.
Stephen King spiega nella premessa di collocare idealmente questo libro tra il quarto (“La sfera del buio”) e il quinto (“I lupi del Calla”) della saga ufficiale della Torre Nera. Ma perché lo ha scritto? Allungare il brodo e affidarsi all’usato sicuro o reale interesse nella storia?
Credo che, arrivato a questo punto della sua carriera, non abbia bisogno di far vendite, mentre è indubbio che la saga della Torre Nera lo abbia assorbito. Di conseguenza, tra le tante idee su come tornare su Roland di Gilead e soci, ha scelto questa.
Un buon libro? Sì, se scisso dalla saga, perché non rivela nulla in più di quel che i suoi lettori affezionati già sanno dagli altri sette libri sulla Torre. Bisogna a mio avviso leggerlo facendosi trasportare dalle parole, è scritto in modo da incantare sia il lettore affezionato sia quello alle prime armi kinghiane.
Titolo originale
|
The Wind Through the Keyhole |
Autore
|
Stephen King |
Anno pubblicazione
|
2012 |
Lingua originale
|
Inglese |
Genere
|
Dark Fantasy |
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Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da Paolo il 20 ottobre 2014 alle 08:00, ed è archiviato come dark fantasy, Raccolta Stephen King, Recensioni. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Puoi pubblicare un commento o segnalare un trackback dal tuo sito. |