Come proporre al meglio un libro a una casa editrice.

Torno a occuparmi di questo corso di scrittura creativa perché dopo aver messo la parola fine (o almeno pensavo) numerose persone in via privata mi hanno detto di avere più di un dubbio. Uno dei più comuni è il rapporto con le case editrici.

La scrittura di un racconto, spesso, non è fine a se stessa ma l’obiettivo ultimo è la pubblicazione. Ora, rendere al meglio un racconto su carta non basta, né tantomeno dedicarsi quotidianamente alla scrittura: come ho già detto nelle altre lezioni del corso, aiuta a migliorarsi ma avere a che fare con una casa editrice è molto diverso.

Bisogna innanzitutto scegliere le case editrici a cui mandare il lavoro, dopo averlo ripulito al meglio delle proprie possibilità. Un racconto horror interessa chi si occupa di questo genere, lo stesso vale per un racconto di fantascienza, un racconto d’amore e così via. Internet porta a infiniti siti di editori, bisogna cercare tra i titoli già pubblicati per vedere se il proprio stile di scrittura, l’argomento trattato, va bene. In caso contrario, inviare lo stesso il libro renderà inutili le ore dedicate alla scrittura. Inutili, sia chiaro, in ottica pubblicazione, perché la scrittura può essere una attività molto piacevole se non si pensa al “dopo”.

Una volta trovata qualche casa editrice che pubblica romanzi, storie e racconti che si avvicinano ai nostri gusti, se non si conosce il modo in cui ognuno di questi editori lavora, si può inviare a tutti il lavoro in forma integrale, corredato da una scheda dell’autore e dalla scrittura di una scheda sul libro stesso. Solitamente le case editrici non perdono tempo a dare risposte negative, mentre tra quelle positive c’è da fare un’ulteriore cernita: vogliamo che il nostro racconto finisca per essere letto da quattro gatti, o che gli sforzi dedicati alla scrittura siano pari a quelli dell’editore per promuovere il libro?

Ovviamente la risposta giusta è la seconda, e bisogna diffidare da chi chiede soldi in cambio della pubblicazione. Parliamo di editori a pagamento nel senso stretto della parola, sia chiaro. Un editore piccolo, che ha pubblicato tre o quattro titoli sconosciuti in altrettanti anni, probabilmente non farà un buon lavoro né sulla stampa né sulla promozione.

Ma, se la scrittura è a costo zero, non si può dire altrettanto per la stampa, quindi personalmente credo che ci si possa aprire a case editrici che chiedono l’acquisto di un piccolo numero di copie, per essere sicuri che, specialmente in tempo di crisi, non ci sia nessun passivo legato alla pubblicazione del racconto dello scrittore esordiente e sconosciuto.

Meglio ancora, ovviamente, se l’editore non chiede nessun esborso.

Ma se chiede numerose variazioni sul testo della storia inviata? Come ho detto la lezione scorsa, capita agli esordienti che l’editore chieda variazioni. L’editing, successivo alla prima scrittura di un racconto, è un passaggio del tutto normale, e solo una piccolissima percentuale di scrittori in erba riesce a evitarla. Quindi, siate aperti alle variazioni proposte al racconto e, se proprio non vi stanno bene, proponete qualcosa di alternativo che non snaturi la vostra scrittura, ma non create una barriera insormontabile: non siete Victor Hugo, almeno non ancora.

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La medicina della scrittura (19° parte). Il mondo dell’editoria., 5.0 out of 5 based on 5 ratings

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