La crisi dei rifiuti in Campania visti dal punto di vista di Marco Forgione, biologo e studioso del settore.

Napoli, capoluogo della regione Campania, una volta chiamata Campania Felix come colonia ai tempi della Magna Grecia, ebbe il suo periodo di massimo splendore tra il 1700 e il 1800, con il Regno delle Due Sicilie. Napoli nel ‘700 era uno dei pochi regni dove si effettuava la raccolta differenziata, segno di massimo rigore civile.
“Moltissimi sono coloro – parte di mezza età, parte ancora ragazzi e per lo più riconoscibili dall’abbigliamento umile – che trovano lavoro trasportando le immondizie fuori città. Tutta la campagna che circonda Napoli è un solo giardino d’ortaggi, è un godimento vedere le quantità incredibili di legumi che affluiscono nei giorni di mercato, e come gli uomini si dian da fare a riportare subito nei campi l’eccedenza respinta dai cuochi, accelerando in tal modo il circolo produttivo. Lo spettacoloso consumo di verdura fa sì che gran parte dei rifiuti cittadini consista di torsoli e foglie di cavolfiori, broccoli, carciofi, verze, insalate e aglio, e sono rifiuti straordinariamente ricercati. Viaggio in Italia, cit. In Sicilia oltre lo Stretto. Goethe.” Questi sono alcuni dei testi che descrivono opinioni, fatti, e quotidianità della città nelle epoche passate e nell’attualità.
Facciamo un salto e arriviamo quasi ai giorni nostri, quando già a partire dall’ormai lontano 1993 partirono le prime denunce da parte soprattutto di cittadini che documentarono lo scempio che avveniva sotto i loro occhi, per mano di foto effettuate e consegnate ai giornalisti. Nel 2003 vi fu poi la madre di tutte le inchieste riguardante il traffico di rifiuti, il processo Cassiopea che ebbe luogo a Santa Maria Capua Vetere, con 95 imputati, tra cui molti imprenditori del Nord Italia: finì nel nulla con la prescrizione di molti imputati, tra cui l’ex governatore della Regione Campania Antonio Bassolino e i vertici del Gruppo Impregilo. Non una novità visto che ormai negli ultimi tempi sorgono le nuove testimonianze del pentito Carmine Schiavone, fatte nel 1993, ma che sono state secretate in buona parte dalle commissioni parlamentari e uscite allo scoperto un anno fa, 2013.
In tutti questi anni sono state fatte mobilitazioni, denunce, inchieste, indagini e processi non bastate a fermare il biocidio. Riguardo il tasso di mortalità, il disastro è stato confermato dal Ministero della Salute: “Per quanto riguarda i tumori maligni nel loro complesso, la mortalità in Campania tra gli uomini è superiore ai valori dell’intera Italia per il contributo delle province di Caserta e Napoli”. Antonio Marfella, ricercatore di medici per l’ambiente, sostiene che “in Campania non è stato accertato scientificamente il collegamento tra inquinamento e patologie correlate perché, a oggi, nessuna istituzione lo vuole cercare”. Questo è un sito dove sono riportate le statistiche dei casi di tumori per età e sesso, nella Regione Campania.

http://www.tumori.net/banche_dati/tumori/query_results.php?site=10,9,14,4&area=999,19&gender=3&period=1970,2014&ageclass=39,22&information=M,I&repkind=age&standard=2 .

Dal libro Gomorra di Roberto Saviano ci viene spiegato il business dei rifiuti da parte della camorra in Campania.
Qui i clienti sono imprenditori che vogliono smaltire le proprie scorie tossiche a un prezzo basso.
Poi ci sono i proprietari dei centri di stoccaggio che attuano il cosiddetto giro di bolla; in pratica raccolgono rifiuti tossici e li miscelano con quelli ordinari, diluendo la concentrazione tossica e declassificando la pericolosità dei rifiuti rispetto al catalogo europeo dei rifiuti.
I chimici sono fondamentali in quanto ribattezzano i rifiuti tossici in innocua immondizia. Poi ci sono i trasportatori e gli smaltitori (gestori di cave dismesse o discariche abusive).
In tutto questo, figura centrale sono gli stakeholder che fanno da mediatori economici tra imprenditori e gli smaltitori dei clan e seppure da lontano coordinano i vari passaggi dello smaltimento.

La combustione dei rifiuti rilascia nell’atmosfera la diossina (inceneritori per rifiuti urbani 26%, inceneritori per rifiuti ospedalieri 14%, attività metallurgiche diverse dal ferro 4%). La diossina è una sostanza di sintesi che non esiste in natura, tra quelle più tossiche in assoluto. Sono molecole con elevata stabilità chimica e termica che a temperatura ambientale sono allo stato solido e cristallino. Le diossine sono sostanze volatili che vengono trasportate a lunghe distanze dalle correnti atmosferiche, e in misure minori da correnti marine e fiumi. Possono essere degradate da radiazioni solari ultraviolette in presenza di donatori di idrogeno come ad esempio il fogliame delle piante; se invece vengono dilavate nel suolo si legano a materiale organico per poi essere degradate nell’arco di mesi o anni. Le fonti di esposizione principali di tali molecole sono acqua e cibi che vengono a contatto con la diossina tramite acqua, aria e suolo per effetto di processi di combustione da parte di inceneritori urbani e industriali nonché da scarichi veicolari. Tali sostanze si accumulano nel tessuto adiposo dei mammiferi tra cui l’uomo, ma anche animali come mucche. Un litro di latte di mucca “infetta” dà la stessa dose di diossina che assumeremmo respirando aria per 8 mesi (Connett and Webster, 1987). Passando da otto a nove mesi molta diossina accumulata in 20-30 anni nel grasso della madre viene trasportata al feto.
Nell’uomo la presenza di diossina comporta lesioni cutanee molto persistenti, ma anche alterazioni nella catena biosintetica dell’eme (sacca dei globuli rossi che legandosi all’ossigeno, consente il trasporto dell’ossigeno tramite i globuli rossi a tutti i distretti del nostro organismo), questo in caso di tossicità acuta, cioè nei casi in cui l’esposizione ha una durata relativamente breve. Nei casi di tossicità cronica invece notiamo alterazioni della funzionalità epatica,disordini del metabolismo lipidico e glucidico, della funzionalità respiratoria fino a causare danni neurologici sia periferici che centrali. Possono anche essere embri-feto-tossiche e teratogene oltre che cancerogene.

Marco Forgione

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