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Hunger Games, la saga di fuoco
In attesa del quarto e ultimo film, la rivolta partita con un pugno di bacche velenose prende vita.
Prima di scrivere questo pezzo ho voluto vedere il terzo film sulla saga degli Hunger Games, “Hunger Games: Il canto della rivolta – Parte I”, che segue il primo, “Hunger Games”, e il secondo, “Hunger Games: La ragazza di fuoco”, mentre è atteso per l’anno prossimo il quarto e ultimo “Hunger Games: Il canto della rivolta – Parte II”.
Nel frattempo ho letto tutti e tre i libri, che hanno lo stesso nome dei film, somiglianza che si riflette anche nelle trasposizioni cinematografiche: davvero poche le differenze, limitate per lo più a omissioni o tematiche appena accennate, come il rapporto inizialmente collaborativo tra i Pacificatori del Distretto 12 e gli abitanti, che sentono poco il regime dittatoriale di Capitol City e del suo presidente Snow. I romanzi, seppur di genere distopico, sono nati come libri per ragazzi, e il triangolo amoroso tra l’eroina Katniss, Peeta e Gale lo dimostra. Unica, e a mio avviso sostanziale, differenza, è il modo in cui Katniss, appena eletta tributo, si è guadagnata la spilla con la ghiandaia imitatrice che tanto spazio avrà nella saga: nel film la trova al mercato, mentre nel libro gli viene regalata dalla figlia del sindaco del suo distretto.
Alla domanda su se sia meglio un libro o il film che ne viene tratto, abbiamo già dato risposta su questo sito, ma in questo caso quali dei due è superiore? Difficile domanda, perché se da un lato i romanzi, scritti secondo la soggettiva di Katniss Everdeen, non possono trattare temi a lei sconosciuti, come le reazioni del presidente Snow o del capo stratega Plutarch Heavensbee (portato sul grande schermo dal compianto Philip Seymour Hoffman, che ha fatto appena in tempo a terminare le riprese prima di morire), dall’altro danno più spazio alle reazioni emotive della fragile e giovanissima ragazza, buttata nell’arena come concorrente per gli Hunger Games non una ma ben due volte.
Due aspetti dei film a mio parere superano nettamente i libri: i personaggi di Haymitch (Woody Harrelson) ed Effie (Elizabeth Banks). Se per quest’ultima la bravura dell’attrice dà ben altro spessore alla pittoresca Effie, per il primo la ragione è più di cuore: nei libri Haymitch è raffigurato come un obeso uomo di mezza età, perennemente ubriaco fradicio, tanto da cadere dal palco durante la prima scelta dei tributi. Ma l’uomo è un vincitore degli Hunger Games (nel secondo libro viene spiegato anche il modo ingegnoso con cui riesce a trionfare, ovvero sfruttando il campo di forza ai limiti dell’arena) e pertanto la descrizione che ne fa l’autrice Suzanne Collins non gli rende giustizia. Invece nei film ha sì problemi con la bottiglia, ma mantiene un suo decoro che arricchisce la saga.
Quindi, il mio consiglio è leggere i libri o vedere i film? Se non avete ancora visto nessuno dei tre film finora usciti, leggetevi i romanzi e POI vedete i film, che meritano anch’essi. Se non vi siete persi una pellicola, nell’attesa del gran finale leggetevi tutta la saga. I libri vi aiuteranno, se avete velleità letterarie, a capire come scrivere un romanzo con un narratore non onnisciente in prima persona, sfida davvero ardua.
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Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da Paolo il 26 novembre 2014 alle 08:00, ed è archiviato come Parole al vento. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Puoi pubblicare un commento o segnalare un trackback dal tuo sito. |