Il breve volume “Notturno” rappresenta, per D’Annunzio, un’occasione per tornare profondamente in contatto con se stesso.

La vita di Gabriele D’Annunzio, come i suoi lettori sanno e come forse sanno soprattutto gli studenti delle scuole superiori, è stata avventurosa oltre ogni limite. Opere come “Il piacere” hanno affrontato parte di ciò, senza dimenticare il personaggio di Maciste, inventato dallo stesso D’Annunzio intorno al 1914 e da allora assurto a maschera senza tempo del cinema (comprese alcune caricature d’autore come quella di Totò) e dalla letteratura, ma con “Notturno” il Vate tocca picchi letterari forse mai più raggiunti.
Le particolarità di “Notturno” partono dallo stile, a metà tra prosa e poesia, una prosa quindi che va a braccetto col lirismo e si perde, parola dopo parola e frase dopo frase, per raggiungere il cuore del lettore. Oltre ovviamente al velo di tristezza che permea l’opera, ma quest’ultimo aspetto è chiaramente dovuto al tema trattato.
Il libro, infatti, è stato scritto durante la lunga degenza, 9 settimane circa, di D’annunzio a seguito di una disavventura durante la prima guerra mondiale, che l’autore ha combattuto in prima linea a bordo di aerei pronti a sganciare bombe sul nemico. Nonostante le sue fossero però incursioni poco più che propagandistiche, dovute al nome pesante che già s’era fatto, il 16 gennaio 1916 incappò in un brutto incidente che, non curato, gli fece perdere l’occhio destro. Rimase in un ospedale a Venezia per poter salvare almeno l’occhio sinistro, e proprio bloccato su quel letto, grazie a cartigli molto particolari di cui si fa riferimento nel libro e grazie anche all’aiuto della figlia Renata, scrisse “Notturno”.
Fra le pagine, le sue avventure in guerra, con l’unione che si crea tra commilitoni ben spiegata e che affonda nel cupo dolore quando uno di loro muore, o nella sfrenata allegria quando insieme viene raggiunto un ostico obiettivo in campo nemico. Trova spazio anche sua madre, venuta a mancare e a cui appunto lo scrittore ripensa, dandole il giusto tributo in un’opera magistrale. Una commistione tra narrativa, saggio, cronaca vera e poesia che è la base di quanto è accaduto al Vate prima e durante la perdita dell’occhio, infortunio per cui, a guarigione avvenuta, si autonominerà Ciclope e tornerà in prima linea per difendere la patria, contro il parere dei medici.
Infatti, una cosa interessante è anche quel che avvenne dopo le vicende del libro: Gabriele D’Annunzio, che per le gesta belliche chiuse l’esperienza della prima guerra mondiale con una medaglia d’oro al valor militare, cinque d’argento e una di bronzo, aveva un sogno nel cassetto, il volo su Vienna, che realizzò nell’agosto 1918, ormai con un occhio solo, il sinistro, e una benda sul destro. Una trasvolata di oltre 1.000 chilometri dall’Italia con una flotta di diversi aerei, per sganciare sugli austriaci migliaia di… manifesti inneggianti al termine delle ostilità, gesto considerato dagli storici tra quelli che hanno portato a una vera fine della guerra.
Ma questa è un’altra storia. In “Notturno” c’è l’essenza e la vita del suo autore, che viene apprezzata dai lettori fin dal 1916, anno della prima pubblicazione. Nonostante il secolo di vita, un libro che mantiene intatta la sua forza.

Titolo originale
Notturno
Autore
Gabriele D’Annunzio
Anno pubblicazione
1916
Lingua originale
Italiano
Genere
Narrativa
VN:F [1.9.5_1105]
Valutazione: 5.0/5 (5 voti)
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