La fine del mondo arriverà il 21 dicembre 2012?

Cosa nascondono ancora i Maya? È quello che si chiedono gli archeologi, e in parte anche gli ufologi.

Perché i Maya, nella penisola dello Yucatan, hanno lasciato ai posteri città intere, o quel che rimane. Alcuni templi, come la piramide di Nohoch Mul a Coba, non sono ancora stati visitati, ma solo scoperti e liberati dalla fitta vegetazione.

Forse il luogo più famoso è la piramide di Kukulkan a Chichén Itzá, conosciuta anche per il serpente che appare all’alba e al tramonto, grazie al gioco di luci degli angoli del tempio, ogni equinozio di primavera e d’autunno (d’autunno si vede meno, tendenzialmente perché siamo nella stagione delle piogge e quindi c’è meno sole).

Il sito archeologico di Tulum intorno al 900 d.C. era un luogo propizio per gli scambi commerciali, che di conseguenza abbondavano su quel tratto di costa. I Maya, per favorire l’approdo delle navi dei “soci in affari”, tagliarono anche la barriera corallina con l’ossidiana e crearono due fari per indicare il cammino da seguire.

Geniali, no? Non quanto la soluzione che diedero al problema dell’acqua: in Messico c’è una stagione della pioggia ben definita, mentre nel resto dell’anno non è che piova poi molto. Di conseguenza i Maya creavano nelle città queste pozze dalla capacità di diverse decine di migliaia di litri, nelle quali confluiva l’acqua piovana. Ora, per evitare che l’acqua nel buco intorbidisse diventando imbevibile, cosa facevano? Prendevano il loro pane (simile alle moderne piadine) e lo mettevano in un luogo umido. Quando ammuffiva per bene lo mettevano al sole, facendolo seccare, poi lo tritavano e lo buttavano nella pozza con l’acqua. Un millennio dopo, precisamente nel 1928, Alexander Fleming gli avrebbe dato il nome di penicillina.

Terzo, ma non certo per importanza, il complesso di Coba, di cui è stato liberato dalla giungla e restaurato solo il 5% del sito archeologico. Qui è più diffuso che altrove il furto di manufatti Maya (nella parte ancora coperta dagli alberi) perché sembra che ci sia grossa richiesta di acquisto di questi pezzi che sono, a tutti gli effetti, illegali. Svetta su tutte le altre costruzioni la piramide di Nohoch Mul, che significa grande altura. A differenza del Kukulkan, su cui non si può salire dal 2005, quando un turista è morto cadendo dai gradoni, qui si può guadagnare la vetta: 45 metri, 145 gradoni che provano il fisico e il fiato, ve lo dico  per esperienza diretta, ma la vista da lassù vale del tutti gli sforzi.

Nei pressi sono stati trovati due campi di pelota, uno sport che indica come i Maya fossero fedelissimi alle loro credenze. A questa partita partecipavano due squadre da tre elementi, con i due capitani designati sulla piattaforma che permetteva di far gol. Alla fine della partita, c’era un sacrificio umano. L’atleta a cui veniva tagliata la testa era il capitano della squadra vincente, felice della cosa, mentre la parte del boia toccava al capitano della squadra perdente. Come era possibile? I Maya credevano alla fondamentale importanza di guadagnarsi il paradiso, e vincere questa partita significava ingraziarsi così tanto gli dei da aver raggiunto l’obiettivo. Di conseguenza la felicità dell’uomo il quale, più che vittima di un sacrificio umano, si era guadagnato l’aldilà.

Ma cosa era l’aldilà? Dove si trovava la terra di Quetzalcoatl, il mitologico serpente piumato? Questo discorso sembra legato a doppio filo, secondo alcuni studiosi, Jaime Maussan in testa, con la teoria della fine del mondo datata 21 dicembre 2012. Molto resta ancora senza spiegazione, tanto che diversi esperti non escludono affatto l’ipotesi degli extraterrestri. La nostra guida (Carlos, di cui vi ho parlato all’inizio del primo pezzo) ha parlato di uno strano avvistamento a cui ha assistito personalmente, che sembra si verifichi spesso, all’alba, a Chichén Itzá. Guardando verso Sud rispetto alla piramide di Kukulkan, ha visto una luce scendere dall’alto, poi dividersi in una formazione di cinque puntini luminosi, poi dissolversi. Sembra che la gente del posto sappia di questo fenomeno, che sottolinea una volta in più quanto sia misteriosa la popolazione Maya e quanto ancora ci sia da scoprire. Magari iniziando con l’entrare nelle loro piramidi ancora inesplorate.

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Maya, il grande mistero messicano., 5.0 out of 5 based on 7 ratings

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