Si racconta il finalista del premio Italo Calvino.

Ci sono scrittori che impiegano anni per sfondare, e altri che con l’opera d’esordio dimostrano tutto il loro valore. Rientra in quest’ultima cerchia Fabio Napoli, autore romano classe 1986, il quale con “Dimmi che c’entra l’uovo” edito per Del Vecchio Editore riesce nell’impresa di finire tra i finalisti della ventiduesima edizione del prestigioso premio letterario Italo Calvino.

Nel suo romanzo, una storia di precariato ai limiti della realtà, ma purtroppo con un personaggio principale sempre più comune. Roberto Milano è un ragazzo che si arrangia come può con ben 4 lavori, tra cui la comparsa in film porno e il fattorino per una pizzeria. Tutto crolla quando perde tre dei suoi lavori, e gli resta solo il lavoro di barista in uno squallido locale. Tutto cambia quando conosce Marianna, dopo aver fallito un colloquio di lavoro per un fast food a seguito di una cervellotica domanda su un uovo rinchiuso in una cella frigorifera. I due creano la “Banda dei precari”, che si dà a piccole rapine per sbarcare il lunario.

Fabio Napoli riesce ad affrontare un tema delicato come il mondo precario con uno stile divertente e scanzonato, forse la marcia in più che il romanzo ha rispetto ad altre produzioni.

In questa intervista, ci parla del suo esordio letterario e della difficile condizione dei lavoratori di oggi.

D: Quanto di Fabio Napoli c’è nel personaggio di Roberto Milano, protagonista di “Dimmi cosa c’entra l’uovo”?

R: Roberto Milano mi assomiglia solo in alcune cose. Per chi mi conosce le più evidenti sono il suo essere un vero ciclista urbano e il suo tipo di ironia. Un po’ di psoriasi ce l’ho anche io, ma non come lui. A livello lavorativo io non ho fatto tutte le esperienze che ha fatto lui (e no, non ho mai fatto l’attore porno). Anche se qualche mese fa, per un periodo, mi sono ritrovato per davvero a correre in bicicletta da una parte all’altra di Roma per spostarmi da un posto di lavoro all’altro. A quel punto mi sono un po’ spaventato perché ho pensato: “Oddio, mi sto trasformando in Roberto Milano”. Poi, per fortuna, i ritmi sono tornati a scorrere più lentamente.

D: L’immagine dell’uovo chiuso nel frigorifero mi fa pensare alla strada senza uscita dei giovani in cerca di lavoro. C’è un’uscita, magari diversa da quella indicata dal libro?

R: Sicuramente, non vorrei certo che tutti i precari del mondo iniziassero ad armarsi per svaligiare negozi o rapinare fast food. Basterebbe un po’ più di consapevolezza, sapere quali sono i nostri diritti e pretendere che vengano rispettati. Anche se qualche volta non è facile.

D: Quanto credi sia verosimile questa storia? Quanto è probabile, cioè, che un gruppo di precari si unisca per formare una vera e propria banda?

R: Quando l’ho scritta non pensavo che fosse così verosimile. Invece poi vado in giro e sento di gente che per vivere fa cinque lavori (Roberto Milano ne fa solo quattro). Poco dopo aver scritto il romanzo ho letto su La Stampa che una banda di precari era stata arrestata, un gruppo di uomini con un lavoro precario che la notte lasciava a casa le mogli, o le ragazze, per andare a rapinare qualche negozio.

D: Il libro ha ricevuto anche un prestigioso riconoscimento, quello di diventare finalista della ventiduesima edizione del Premio Italo Calvino. Un po’ ci speravi o è stata una sorpresa assoluta?

R: Un po’ ci credevo, altrimenti non avrei nemmeno inviato il manoscritto. Ma quando ho ricevuto la telefonata dalla redazione del premio è stata comunque una grande grande sorpresa.

D: Sicuramente non ti fermi qua. Cos’altro stai preparando in questo periodo?

R: Ho quasi finito di ultimare la revisione di un romanzo a cui sto lavorando da un po’ di tempo.

D: Vuoi fare un saluto a quanti ti stanno leggendo?

R: Ciao a tutti i lettori del portale www.paolomerenda.it, che la forza sia con voi e usate più che potete la bici nelle vostre città. Più felicità, meno stress e meno benzina.

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Intervista esclusiva allo scrittore Fabio Napoli, 4.9 out of 5 based on 7 ratings