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La medicina della scrittura (17° parte). Riscrittura
Scrivere un libro, metterlo su carta, non è l’unico intento dello scrittore. Una mamma alle prese con il suo piccolo non si accontenta di averlo messo al mondo, di nutrirlo, di tentare di insegnargli la differenza tra bene e male, o anche dirgli perché non deve toccare la candelina della sua prima torta di compleanno e così via. Quello che fa attraverso tutte queste azioni è renderlo migliore.
Allo stesso modo, un’artista non esaurisce i doveri verso la sua storia scrivendone e apponendo la parola croce e delizia degli scrittori, “fine”. Poi bisogna rendere presentabile, quando non migliore, il libro stesso.
La riscrittura è una parte fondamentale, serve a ripulire, a rendere più fruibile la storia. Un po’ come una ragazza che, prima di uscire con il ragazzo dei suoi sogni, si trucca e mette il profumo preferito. Da lui.
Ci sono alcune regole d’oro nella riscrittura. Innanzitutto bisogna rispettare gli stili di scrittura adoperati per la prima stesura. Aggiustare il testo non significa rivoluzionarlo. Ma spesso quando si mettono su carta le vicende dei nostri personaggi, si perde di vista la fruibilità, spinti dal fuoco sacro dell’arte. Ed è qui, e solo qui, che bisogna ritoccare.
Troverete, rileggendo con attenzione quanto scritto, che ci sono molti particolari inutili nell’economia della storia. Bisogna lasciarne alcuni, di colore, ma la stragrande maggioranza va tagliata. Lo stesso per discorsi troppo lunghi tra due o tre personaggi o nelle descrizioni: in queste fasi è più facile trovare qualche ripetizione o qualche nota stridente, o addirittura particolari che cozzano l’un con l’altro. Se sono stati messi lì apposta, van lasciati, altrimenti tutto nel tritarifiuti.
Non abbiate paura di tagliare scene, la storia va snellita e di conseguenza resa interessante per tutte le tipologie di lettori.
In questa fase, ci sono principalmente due rischi: il primo è tagliare troppo. Vero è che non dovete aver paura di far fuori particolari, ma nemmeno ridurre il tutto all’osso. Il secondo è trovare tutto perfetto.
In quest’ultimo caso, non vuol dire che siete dei novelli Bukowski, ma semplicemente che non avete lasciato riposare la vostra mente, siete ancora dentro la storia. La riscrittura, infatti, va fatta a distanza di un po’ di giorni o anche settimane (il lasso di tempo è soggettivo) per uscire dalla storia ed esaminarla con un occhio esterno e più critico. Magari fatela leggere a un amico per farvi dire cosa è poco chiaro o pesante. In questa fase non dovete essere la mamma che guarda amorevolmente il figlio, ma la vicina di casa zitella che vuole trovare difetti nei vestiti del bambino.
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Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da Paolo il 5 agosto 2011 alle 07:56, ed è archiviato come Corso di scrittura, Parole al vento. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Puoi pubblicare un commento o segnalare un trackback dal tuo sito. |