Tanti i piatti tipici della Grecia, che ho gustato a Corfù.

Quando si pensa alla cucina greca, ai piatti tipici che descrivono la Grecia a tavola, i primi che vengono in mente sono moussakà, gyros, la feta, la salsa tzatziki. Ma c’è molto altro, e ho avuto modo di scoprirlo direttamente, grazie al viaggio che mi ha portato a Corfù.
Innanzitutto c’è da dire che la scelta del ristorante, quando si è all’estero, in special modo in posti che fanno del turismo la loro arma vincente, deve essere oculata. Bisognerebbe evitare i locali turistici che invitano a provare la cucina greca con tanto di cartello in inglese: non è detto che qui si possano trovare buone pietanze, ma è nelle locande che si gusta la vera cucina del posto, non “inquinata” da scelte per venire incontro ai palati esteri in cerca di sapori internazionali.

Le mie scelte sono state fatte con questo criterio, e ciò mi ha portato ad assaggiare una salsa tzatziki, a base di yogurt greco, cetrioli e aglio, con una grossa quantità d’aglio che fotografa bene la versione “originale” di questa ricetta. Il moussakà (una sorta di parmigiana di melanzane e carne tritata), poi, mi è stato servito con delle spezie a cui noi italiani siamo poco abituati, e che rendevano il sapore unico, e anche la feta, tipico formaggio greco di pecora, era servita in modo da esaltarne il sapore, ad esempio nella saganaki, in cui viene panata e fritta. Il gyros e il souvlaki, a base di carne, danno il loro meglio nella tipica pita greca, in cui viene inserita cipolla, insalata e molto altro, e che proprio per il fatto che siano stati così tanto esportati, vanno mangiati in loco per capire da dove tutto è partito.

Corfù, e la Grecia, però offrono molto altro, come la pastitsada, spaghetti conditi con carne di manzo che poco somiglia al classico ragù nostrano, principalmente per il tipo di cottura della carne, che risulta avere un sapore del tutto caratteristico. Lo spetzofai, carne in umido cotta in pignata, è simile alla pastitsada, ma al contempo rimanda ai pezzetti di carne di cavallo che si possono mangiare in Italia, per la cottura lenta che porta al palato tutti gli ingredienti che contiene: una mescolanza di culture e sapori che appagano il turista ma anche la popolazione autoctona. Citazione a parte per la taramosalata, salsa con uova di cefalo e aglio, delicata per la scelta del tipo di pesce ma che, con l’aggiunta di aglio, diventa un piatto a sé che può essere sia gustato da solo che accompagnato ad altre pietanze.

La differenza maggiore l’ho notata nei dolci, in cui ai sapori “nostri”, con cioccolato, frutta e altro, si preferiscono scelte ben diverse: basti pensare al baklava, piatto in realtà di origine turca, ma che in Grecia ha una sua versione, con miele e frutta secca che chiude al meglio un pasto greco. Anzi, a chiudere un pasto ci pensano poi i loro liquori, un capitolo a parte. L’ouzo, con anice e mosto d’uva, la metaxa, simile, ma non troppo, al nostro Martini, e il koum quat, liquore fatto a partire dal mandarino cinese esportato in Grecia verso la metà del 1800 (il mandarino si chiama appunto kumquat), sono tre esempi che rendono al meglio l’idea. In pratica, dato che i sapori dei loro piatti, a partire dalla già citata tzatziki, è ben deciso, si chiude con un dolce delicato e un liquore dal sapore peculiare che lascia pulita la bocca.

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