La voce dei Raggi Fotonici si racconta in questa lunga intervista.

Sono cresciuto guardando cartoni animati, da Jeeg Robot a Mazinga, passando per L’Uomo Tigre, Gigi la trottola e moltissimi altri, e ancora oggi, ad anni di distanza, mi basta sentire la sigla per rivivere quelle emozioni, in quanto sento aprirsi un mondo già dopo poche note. In questo contesto si inseriscono i Raggi Fotonici, gruppo formato da Mirko Fabbreschi, Laura Salamone e Dario Sgrò. I Raggi Fotonici sono il gruppo attualmente più attivo nella creazione delle sigle di cartoni animati, come quand’ero piccino facevano I Cavalieri del Re, e intervistarne il cantante, Mirko Fabbreschi, è prima di tutto un onore.
I Raggi Fotonici, attivi dal 1998, hanno già lavorato per la Rai, Sky e Cartoon Network, realizzando le sigle di cartoni come Guru Guru, Hello Kitty, Digimon Fusion Battles e Clarence (una delle loro ultime fatiche artistiche), oltre che per “L’Ape Maia – Il film”. Inoltre hanno creato il collettivo Cartoon Heroes, che racchiude alcuni dei più noti compositori del genere di tutti i tempi, e dato vita al progetto “Carta Canta”, con un libro e un cd da leggere e ascoltare. Molte idee del trio sono ancora in cantiere, gli stimoli non mancano, e la lunga intervista parte appunto da qui.

D: Come nascono i Raggi Fotonici e cosa vi spinge a trovare sempre nuovi stimoli?
R: Il progetto Raggi Fotonici nasce negli anni Novanta come “cartoon cover band” ed era un progetto esclusivamente live. Di lì a pochi anni abbiamo iniziato miracolosamente a scrivere e cantare sigle nostre, prima per tv regionali e poi per Rai Due. Ed ecco che il nostro è diventato un progetto anche (e a oggi soprattutto) discografico e televisivo. E quindi rispondere alla tua domanda sui “nuovi stimoli” date queste premesse è semplicissimo: siamo dei privilegiati! L’euforia di aver vinto alla lotteria della vita è un mantra per noi. Ma proprio per questo cerchiamo di essere sempre grati delle opportunità che il caso ci ha donato e soprattutto cerchiamo di essere rispettosi del lavoro che facciamo e del pubblico che ci segue. Eravamo dei bambini che amavano i cartoni animati e la musica, mentre oggi siamo dei professionisti adulti che riescono a guadagnarsi da vivere coniugando queste due passioni: musica e animazione. Dunque le parole d’ordine sono appunto rispetto per questa opportunità e dialogo continuo tra i bambini che eravamo e i professionisti che siamo adesso. Realizziamo una sigla e poi chiediamo ai bambini che eravamo: ti piace? Ti diverte? Ti potrebbe ancora piacere tra 30 anni? E poi chiediamo ai musicisti professionisti che siamo oggi: ti piace? Ti diverte? Non te ne vergognerai tra 30 anni? Se le risposte coincidono il gioco è fatto!

Cartoon Heroes

D: Sempre a proposito di nuovi stimoli, qual è il prossimo passo del collettivo Cartoon Heroes, che raccoglie, oltre te, Laura Salamone e Dario Sgrò dei Raggi Fotonici, artisti di valore indiscusso, come Claudio Maioli, compositore e cantante della sigla italiana di Ken il guerriero?
R: Cartoon Heroes, per chi non lo sapesse, è un collettivo che ho l’onore di coordinare. Si tratta di una sorta di “We are the world” dei cartoni animati, un super-gruppo formato da alcuni dei più rappresentativi artisti di sigle tv degli ultimi 35 anni. Oltre ai Raggi Fotonici e Claudio Maioli che tu citavi abbiamo repertori trasversali che raccontano appunto la storia del “genere sigla” durante i nostri show: da quello dei Cavalieri del Re grazie alla vocalist Clara Serina, a quello dei Superobots e dei Rocking con Douglas Meakin, i Nostri Figli con Maura e Manuela Cenciarelli, i Mostriciattoli con Mauro Goldsand e tantissimi altri. Ad aver aderito al collettivo dei Cartoon Heroes sono ad oggi 26 artisti, dal maestro Vince Tempera a Vito Tommaso, da Enzo Polito a Luigi Lopez, da Stefano Bersola a Loriana Lana, Noemi Smorra e Viviana Ullo, Andrea e Sabrina Scotti, Edoardo Vianello e Wilma Goich e davvero tantissimi altri musicisti di settore. Il prossimo passo ovviamente sarà live, a fine estate progetteremo il nuovo show. Rimane comunque confermato il tradizionale concerto pre-natalizio all’Auditorium Parco della Musica di Roma, uno dei teatri più importanti di Europa che ogni anno ci apre le porte!

 

D: Avete collaborato con la Rai, Cartoon Network e Sky, e scritto sigle di cartoni che stanno man mano formando la nuova generazione. Di quale dei vostri pezzi siete più orgogliosi?
R: Siamo intanto orgogliosi di aver accompagnato più di una generazione. Chi seguiva Guru Guru quindici anni fa oggi ha verosimilmente 25 anni. Chi ha ascoltato Peter Coniglio stamattina in tv avrà 25 anni nel 2030. Il pubblico dei Digimon è oggi adulto, quello dell’Ape Maia 3D ancora non va a scuola. Realizzando sigle da quasi 20 anni è complicatissimo indicare la sigla a cui si è più affezionati. Sarò politicamente corretto e ti risponderò: la prossima che faremo!

Carta Canta

D: Parlaci di uno dei tuoi ultimi progetti, “Carta canta”. Sei soddisfatto del risultato finale o ti aspettavi qualcosa di diverso?
R: Ottimo, speravo di poter parlare del mio libro + cd. “Carta Canta, quando i fumetti diventano canzoni” è stato per anni (quasi dieci) uno di quei progetti che rimangono nel cassetto in attesa di vedere la luce. Ognuno di noi ne ha. Quindi puoi immaginare con quanto entusiasmo mi ci sono approcciato e quanto sono felice del risultato! Il mio libro precedente “Cartoon Heroes – Gli artisti di 30 anni di sigle tv” (Kappa Edizioni) è stato un buon esperimento editoriale che univa un disco a un saggio e che sta avendo ancora, a distanza di tre anni, un discreto riscontro di vendite. Credo che anche questo abbia rincuorato gli amici delle edizioni Lavieri (per la parte del libro) e quelli dell’etichetta discografica Millesuoni (per la produzione del CD) nell’affrontare la realizzazione di Carta Canta. Sono però certo che anche i miei editori attuali non siano stati mossi solo da mere motivazioni commerciali. Sono convintissimo anzi di essere riuscito a trasmettere anche a loro il mio entusiasmo rispetto alla storia di un amore apparentemente impossibile: quello tra musica e fumetto. Come forse tutti i tuoi lettori (non!) sanno, nella vita mi occupo di scrittura televisiva, sia come autore di format che come musicista, realizzando da quasi vent’anni con la mia band, i Raggi Fotonici, sigle e colonne sonore di cartoni animati per le reti Rai e per moltissimi canali di Sky. Ma mentre la tv e l’animazione sono il mio mestiere, il fumetto è la mia passione, il mio imprinting culturale, la beatitudine di me bambino e di me adulto. In quanto musicista ho spesso intuito il legame tra musica e fumetto. E ho subito la fascinazione di quello che ho sempre avvertito come un matrimonio improbabile eppure prolifico. Il fumetto è una forma espressiva assolutamente muta e fissa e prettamente visiva. La musica è eterea e immateriale, uno dei fenomeni acustici per eccellenza. Eppure da tempo immemore, alla pari di Romeo e Giulietta e forse molto più che Lupo Alberto e la gallina Marta, queste due modalità espressive si cercano, si corteggiano, si bramano e più spesso di quanto si pensi, si incontrano! Fumettisti che prestano la loro arte per illustrare biografie di mitici musicisti o che ne illustrano le copertine, fumetti contenuti nei dischi, fumettisti che suonano, suonatori che fumettano… e poi c’è il suono dei fumetti, quello delle onomatopee ad esempio ma anche la musica rappresentata tra le vignette, dalle partiture di Beethoven suonate dal piano giocattolo di Shroeder, in Peanuts, alle canzoni messicane di Cico, l’inseparabile compagno di Zagor. Ma quello che a me è risultato più stuzzicante e che ho voluto maggiormente analizzare nel libro non è tanto la musica nel fumetto quanto l’inverso: il fumetto nella musica. Quando cioè il fumetto è stato cantato e reso suono. Ed è quindi da queste constatazioni che sono nati nell’ordine: un disco che contiene le rivisitazioni musicali di alcuni pezzi di grandi cantautori italiani dedicati proprio agli eroi di carta, uno show che celebra il rapporto tra musica e fumetto, e infine un libro che racconta questa lunghissima, intricata e tormentata storia d’amore! Ma Carta Canta è anche un live show. Siamo reduci da date molto importanti (tra cui quella del mese scorso all’Auditorium Parco della Musica di Roma) mentre questo mese saremo in scena a Montemerano (Gr) il 23 maggio e al teatro comunale di Narni il 30 maggio. In generale per non perdere di vista dove la carta canta suggerirei di farsi un giro qui: www.cartacantashow.it.

Mirko Fabbreschi

D: Trovi che per un gruppo, creare e interpretare sigle di cartoni animati sia un limite o piuttosto dia maggiore libertà?
R: Partiamo dal presupposto che la sigla in Italia, caso quasi unico al mondo eccezion fatta per il Giappone, è un vero e proprio genere musicale. E come tutti i generi musicali ha delle proprie regole di scrittura e dei canoni sonori da rispettare. In questo caso potrebbe apparire un momento musicale che ha delle limitazioni. Però come in tutte le cose, una volta che si conoscono bene le regole e il territorio nel quale ci si muove, la libertà c’è e si riesce a goderne. Non voglio ammorbare nessuno dei tuoi lettori con le regole empatiche, sonore, di scrittura dei testi e di produzione che stanno dietro a una sigla. Peraltro ne disserto sufficientemente nel libro “Cartoon Heroes – Gli artisti di 30 anni di sigle tv”. In breve però ribadisco che il limite è rappresentato dalle regole di scrittura che noi, svolgendo questo lavoro, ci siamo ritrovati a dover felicemente gestire, e il dover assecondare il mercato editoriale e televisivo che è in continuo cambiamento. La libertà però consiste nel conoscere al meglio queste regole e poterci spesso anche giocare su!

 

D: Proviamo a prevedere il futuro. Dalle sigle più rock di qualche decennio fa si è passati a un genere più elettronico. Quale credi potrebbe essere il prossimo passo?
R: Questa è una verità parziale. Mediaset ha puntato sull’elettronica con il tandem Vanni-Longhi (Dragon Ball, Pokemon & co.) mentre i Raggi Fotonici hanno sempre mantenuto uno stile più rock o comunque molto “suonato”, o ancora Cristina D’Avena ha corteggiato più il mondo del pop italiano. Ognuno ha il suo stile e la sua dignità musicale. Come forse saprai il comparto musicale di Mediaset ha subìto da qualche anno un rallentamento e molti dei miei colleghi non producono più sigle. Fortunatamente i Raggi Fotonici (non per meriti esclusivamente nostri ma anche perché Rai e Sky ancora sono molto vitali) sono in pienissima attività anche nel 2015. E devo dirti che se penso alle sigle realizzate nell’ultimo anno mi vengono in mente sono sigle rock: Digimon Fusion Battle per Rai Due/Rai Gulp, LBX per K2, Peter Coniglio per Rai Yo Yo, Victory Kickoff per Disney XD, Clarence per Cartoon Network, Battle Spirit (ancora non andata in onda ma realizzata per Rai)… tutta roba con i distorsori alle chitarre e dal ritmo sostenuto! Poco sopra ti accennavo a come nella scrittura delle sigle da sempre ci siano delle regole. Una di queste l’ha sancita Vince Tempera, il padre del genere con i suoi capisaldi: Ufo Robot, Capitan Harlock, Anna dai capelli rossi, Remì e altro. Questa regola, ancora di profonda attualità, è che le sigle debbano essere Musica, debbano essere prima di tutto delle canzoni con una loro dignità di canzone. Ma è anche importante che suonino come brani radiofonici e “adulti”. Io bambino mi sentivo adulto ascoltando Ufo Robot perché assomigliava alla musica che gli adulti nel 1978 ascoltavano in radio! E quindi se le sigle di Vince Tempera assomigliavano ai brani che i miei genitori ascoltavano in radio quando io ero bambino, oggi i brani dei Raggi Fotonici sono rock come la musica che ascoltano i fratelli maggiori del nostro pubblico di riferimento, i brani di Giorgio Vanni hanno suonato per anni come brani di dance elettronica o quelli della inossidabile Cristina D’Avena come pezzi della migliore tradizione di musica leggera italiana. Chiudendo devo però ammettere (e questo perché è cambiata la tv) che capita sempre meno di scrivere sigle italiane. Il trend ormai è quello di economizzare lasciando la sigla originale inglese, giapponese, americana e procedere con il solo adattamento del testo. Ma anche in questo caso vale quanto scritto sopra: la nostra priorità è sempre quella di scrivere innanzitutto delle canzoni con una loro dignità musicale, poi, in seconda battuta, delle sigle. E questa è l’eredità che ci ha lasciato chi ci ha preceduto. Dunque il prossimo passo (per rispondere definitivamente alla tua domanda) sarà quello di continuare a seguire, al meglio di quanto riusciremo, la dignità musicale assoluta ma con un occhio a quella relativa del momento storico in cui una sigla ci verrà commissionata.

I Raggi Fotonici

D: Dato che sei un grande conoscitore della materia, ti porto tre casi di versi dal significato equivoco, tratti invero nel primo caso non dalla sigla: “Sembra talco ma non è, serve a darti l’allegria. Se lo mangi o lo respiri ti dà subito l’allegria” (Pollon); “Tutto disintegra quando gli girano le lame boomerang” (Daltanious); “Anna dai capelli rossi ha due grammi di felicità” (Anna dai capelli rossi). Avete mai pensato di inserire qualcosa del genere in una vostra sigla?
R:
Oggi sarebbe impensabile inserire frasi di questo tipo. Per anni, nella tv dei primi Duemila, lavoravamo addirittura con una lista di “parole sconsigliate”. Non era censura, ma insomma se quelle parole non le usavi era meglio 😛 Frasi e concetti tabù! Oggi c’è decisamente più libertà da questo punto di vista, tuttavia alcune allusioni vengono evitate. C’è un altro punto di cui voglio parlare: l’attenzione alla sinossi e a ciò che accade realmente nella serie tv è prioritaria. A Daltanious non giravano nella serie realmente delle lame boomerang! A noi adulti oggi questa cosa diverte molto, ma da bambini forse neanche c’abbiamo fatto caso. Tutto ciò per dire che oggi è importante l’attenzione nel dare realmente ai ragazzi degli elementi di codifica della storia che stanno per vedere, e inserire nelle sigle particolari precisi che troveranno nelle puntate. Però raccolgo questo tuo prurito e provo a proporre ai miei committenti di fare da oggi in poi sigle in doppia versione: quelle ufficiali e quelle che poi faremo uscire tra venti anni per chi vuole rivedersi quella determinata serie tv con una sigla “alternativa”… Hai visto mai che ridiamo ossigeno al mercato 😛

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Intervista esclusiva a Mirko Fabbreschi, 5.0 out of 5 based on 11 ratings

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