Carlo Dicillo è un artista poliedrico, che ha realizzato moltissime opere nella sua carriera con i materiali più disparati, dalla vetroresina al legno, utilizzando anche zucche e scarpe. In una delle sue mostre,  infatti, erano esposte delle scarpe, lavorate per renderle simili a volatili e altri animali. Ha molte mostre all’attivo, pervase da una sottile ironia, e l’ultima, che si aprirà quest’oggi, non fa eccezione. Si chiama “I miei porci comodi”, e ogni quadro rende visivamente le espressioni lessicali che fanno riferimento ai maiali. Porco boia, porca puttana, porco diavolo e porco cane sono solo alcune delle opere che ha realizzato, e come potete vedere dai video in fondo alla pagina ha anche realizzato per i lettori del sito due schizzi, tra cui porca puttana, di impatto meno immediato rispetto ai quadri esposti alla galleria Capece di Maglie. Non mancano riferimenti, più o meno velati, al mondo politico italiano, a Berlusconi e ai politici in generale.

Nella sua carriera però ha avuto anche altre soddisfazioni, come lavorare per le scenografie dei concerti di Caparezza, o per la tv nazionale, a Rete 4 e Rai 3. A Rai 3 si è occupato delle scenografie di “Alle falde del Kilimangiaro” con Licia Colò.

In quest’intervista parla della mostra che ha appena avuto inizio e di tutte le altre esperienze.

D: Perché la mostra “I miei porci comodi”, e perché farla nel Salento adesso?

R: È un itinerario che partirà da Maglie e toccherà vari posti. Sono originario di Bari ma leccese d’adozione, mi piace iniziare da questa città che mi ispira. Sul motivo che mi ha spinto a realizzare il maiale, è perché rappresenta tutto. In molti modi di dire viene nominato, come in porca miseria, porca vacca e altri. L’idea mi è venuta un giorno, pensavo a tutte queste terminologie che oggi giorno si usano. La vedo come una provocazione, nei confronti della società di oggi, ma anche nei confronti della politica e tutto quello che ci circonda. Un po’ ironizza la società di oggi, legata al consumismo, alla massa, quel che fanno gli artisti della pop art e gli artisti della transavanguardia.

D: Hai lavorato anche il legno, o anche, nelle “Memorie di un tempo” hai realizzato un mondo con le istallazioni più disparate. Come mai queste scelte così varie?

R: Mi serve saper usare tutto: sono un artista poliedrico, lavoro tutto dalla vetroresina alla polvere di marmo alla sabbia, o anche catrame, ferro e gomma siliconica. Questi materiali mi tornano molto utili per le scenografie o per gli effetti speciali per il cinema.

D: Nella tua carriera hai lavorato con Caparezza, Licia Colò e molti altri. A quale di queste esperienze ti senti più legato?

R: Mi piace molto ricordare alcune esperienze televisive nelle quali affrontavo il mondo del fumetto, ma quella che ricordo con più affetto è l’esperienza con “Alle falde del Kilimangiaro”: ho fatto delle istallazioni, qualche scenografia, ma la cosa che più l’ha resa indimenticabile e che ha colpito la stessa Licia Colò è stata la performance intitolata “Teste di zucca”. C’erano delle zucche cresciute, seccate e lavorate in modo che nella parte finale vi era la testa di un animale. Credo ancora adesso che sia una delle mie performance migliori.

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Intervista esclusiva a Carlo Dicillo, 5.0 out of 5 based on 5 ratings

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