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Intervista esclusiva a Brad Pickett
La star della UFC parla della sua carriera.
Lo sport delle Mixed Martial Arts è in continua crescita come seguito del pubblico. Su questo sito ho già intervistato Alessio Sakara, l’unico italiano in forza alla UFC, maggiore federazione mondiale della disciplina, e oggi mi occupo di una star di prima grandezza, l’inglese Brad Pickett.
Nato a Londra il 24 settembre 1978, si esibisce nei pesi gallo, dove è il primo fighter europeo e il numero 5 al mondo secondo il ranking ufficiale. Più basso di me, come potete vedere dalla foto (ma non diteglielo, potrebbe uccidermi in 7 secondi solo per averlo fatto notare, Chuck Norris style), è 168 centimetri per 61 chili, e ha legato la sua carriera alla federazione Cage Rage e ovviamente alla UFC, di cui il patron, Dana White, ha detto essere uno degli atleti più affascinanti da ammirare nell’ottagono per tecnica.
Buono il suo curriculum, con due titoli, di cui uno vinto e difeso davanti al suo pubblico, a Londra, e il riconoscimento di “Fight of the night” avuto numerose volte negli eventi UFC nei quali si è esibito. Si trovava a Parete, in provincia di Caserta, per uno stage nella palestra “Compagnia del Fitness” di Alessandro Mariniello, il quale è ovviamente soddisfatto della riuscita dell’evento: «Non poteva andare meglio, abbiamo portato a Parete, nella nostra struttura, uno dei migliori cinque pesi gallo mondiali. Per noi non è un punto di arrivo, ma uno di partenza: vogliamo replicare giornate simili e magari dare la possibilità agli atleti paretani di emergere, come già sta facendo il gioiellino Davide Caruso, al momento a Miami per affinare la sua tecnica.» Soddisfatto anche Brad Pickett, come si evince dalle parole della sua intervista.
D: Nel corso dello stage hai parlato dell’alimentazione e dell’allenamento necessari per lottare al meglio nell’ottagono. Una delle due componenti conta più dell’altra o si equivalgono?
R: Si equivalgono, sono entrambi molto importanti, anche se cambia molto in base alla categoria del peso: ovviamente un peso massimo ha meno pressioni rispetto a un peso piuma o gallo per quanto riguarda la bilancia, ma per tutti i combattimenti bisogna mangiare bene e allenarsi duramente.
D: C’è differenza tra Cage Rage, federazione nella quale ti sei fatto notare, e UFC, dove militi tutt’ora?
R: La Cage Rage è un pezzo del mio cuore, ho iniziato lì e mi ha permesso di esibirmi più volte a Londra, davanti al mio pubblico. La UFC ha però numerosi lati positivi: la federazione è molto più grande, il pubblico più numeroso, gli atleti davvero competitivi e anche un trattamento economico migliore. Per ogni atleta di MMA è un sogno potersi esibire nella UFC, è un traguardo molto importante.
D: Ci sono atleti, come Brock Lesnar, che sono passati dal wrestling americano alle MMA, anche con ottimi risultati, e altri che hanno fatto il percorso inverso, l’ultimo in ordine di tempo è Quinton “Rampage” Jackson. Cosa pensi di questi passaggi? Hai mai pensato di saltare dall’altra parte della barricata?
R: Lesnar viene da un wrestling diverso, quello d’intrattenimento, non il vero e proprio sport, ma è stato molto bravo a inseguire i risultati ottenuti nel cambio. Io so quanto è importante l’MMA wrestling, lo sport, diciamo, vero, e per questo continuo a perfezionarmi in America, è molto importante nella mia formazione da fighter. Nonostante questo, però, non penso a passare a quel tipo di wrestling: innanzitutto sono troppo piccolo, lì prediligono quelli più grossi, e comunque a fine carriera penso di perfezionarmi come allenatore, come comunque faccio adesso in occasioni particolari, ad esempio quella del training appena concluso in questa palestra.
D: A proposito della giornata di oggi, cosa hai visto nei ragazzi che ti hanno seguito, e come ti è sembrata la struttura che ha ospitato l’incontro?
R: Per quanto riguarda i ragazzi, devo dire che in linea di massima avevano tutti una base abbastanza buona, ho avuto materiale da cui partire per il training. Mi sarebbe piaciuto insegnare più MMA wrestling, perché in generale in Europa siamo un po’ indietro per quanto riguarda quest’aspetto, soprattutto il free style, ma i materassi non erano adatti a quel tipo di urti. È una cosa comune a molte palestre europee comunque, quindi andrebbe migliorata dappertutto.
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Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da Paolo il 25 giugno 2013 alle 00:00, ed è archiviato come Le interviste. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Puoi pubblicare un commento o segnalare un trackback dal tuo sito. |