Uno dei capolavori mondiali della letteratura.

Ci sono libri che dimostrano quanto la natura dell’uomo non cambi con il passare del tempo. Questo, ad esempio, tratta delle responsabilità etiche legate ai progressi scientifici. Fin dove si può arrivare e quando ci si deve fermare? Un interrogativo mai come oggi attuale, ma che già nel 1816 era venuto in mente alla sua autrice, Mary Shelley.
Frankenstein, o il moderno Prometeo”, parla, come tutti saprete, dello scienziato Victor Frankenstein, che, mai ripresosi dalla morte della madre, intende trovare un metodo per ridare vita a un corpo. Ci riesce, con la celeberrima Creatura, conosciuta dagli appassionati come il mostro di Frankenstein, ma per farlo assembla pezzi di cadavere. Anche se il fine era dare vita a un essere umano perfetto, il risultato lo atterrisce e fugge via, lasciando la sua creazione sola.
La creatura si muove nel mondo ma non riesce ad avere contatti con gli altri esseri umani, che fuggono o lo scacciano una volta che lui si palesa. La sua deformità diventa un ostacolo insormontabile, e soffre la solitudine, impazzendo. Comincia con l’uccidere William, il fratello dello scienziato che gli ha dato vita, ma la sua parabola non si conclude fino a quando Frankenstein non lo intercetta: solo allora la creatura gli dice che sarebbe andato a vivere in una terra lontana, ma con una compagna che ovviamente Victor Frankenstein avrebbe dovuto “costruirgli”.
Lo scienziato all’inizio accetta, ma poi si ferma prima di portare a compimento la seconda opera, e da lì è un vortice di morte che porta il lettore alla tragica fine.
Oltre alla storia in sé, la genesi del libro stesso è interessante: nel 1816, Mary Shelley si incontrava in un salotto con amici scrittori, con cui leggeva o commentava opere letterarie. Una sera, dopo aver letto un resoconto sul galvanismo, ovvero degli esperimenti, attraverso l’elettricità, per ricreare il movimento nei cadaveri mettendo in funzione i muscoli, le venne l’epifania, dato che lo stesso autore, Giovanni Aldini, aveva ipotizzato che con le giuste condizioni avrebbe potuto riportare in vita un cadavere. Usò subito l’idea, dato che poco prima il padrone di casa, Lord Byron, insieme al poeta e marito di Mary Shelley, Percy Bysshe Shelley, il medico personale di Lord Byron, John Polidori, e ovviamente la futura autrice del mito di Frankenstein, decisero di scrivere ognuno una storia di matrice horror, per vedere cosa ne sarebbe uscito fuori. Il racconto che ha fatto più successo è Frankenstein, ma John Polidori è legato alla vicenda più controversa. Scrisse infatti “Il vampiro”, primo a occuparsi appunto di vampiri (venne pubblicato nel 1819, mentre “Dracula” di Bram Stoker è addirittura del 1897). Inoltre, pubblicò l’opera sul New Monthly Magazine, che per errore la firmò Lord Byron. A nulla valsero le proteste dello stesso Byron, e forse questo fu parte del motivo che spinse Polidori a suicidarsi nel 1821.
Tornando a Mary Shelley, ella pubblicò nel 1818 il libro in forma anonima, e la critica pensò a un autore maschile. Quando Shelley si palesò come autrice con la seconda edizione, un critico affermò: “Per un uomo era eccellente ma per una donna è straordinario”, dimostrando che lei aveva fatto bene a nascondersi per lanciare bene il romanzo.
Le trasposizioni cinematografiche vanno a mio avviso citate: nel 1910 il primo film muto tratto dall’opera (lo stesso anno del primo film su “Il ritratto di Dorian Gray”, fra l’altro). Entro il 1943, i film si sono occupati, già nel titolo, della moglie e del figlio di Frankenstein, oltre che di contrapporlo all’uomo lupo. Nel 1974, poi, quel capolavoro che è “Frankenstein Junior”, alla regia Mel Brooks, che rappresenta la prima parodia d’autore, seguita poi da molte altre.

Titolo originale
Frankenstein; or, the modern Prometheus
Autore
Mary Shelley
Anno pubblicazione
1818
Lingua originale
Inglese
Genere
Horror
VN:F [1.9.5_1105]
Valutazione: 5.0/5 (9 voti)
Frankenstein, o il moderno Prometeo - Mary Shelley (Recensioni), 5.0 out of 5 based on 9 ratings