Terra magica dalla cultura millenaria.

Qualche settimana fa sono stato in Messico. Era al primo posto della mia lista dei posti da visitare, e non sono rimasto per niente deluso, anzi tutto è stato quasi elettrizzante. La guida turistica che ci ha introdotto al villaggio ha detto, tra le altre cose, che quando si visita un posto, anche se non risulta di nostro gradimento, ci ha arricchito: abbiamo visto e conosciuto qualcosa di cui eravamo ignari.

Questa affermazione vale soprattutto per terre come quella dell’America centrale, ricca di storia, dai Maya in poi. Il villaggio si trovava nello stato di Quintana Roo, ad Akumal, Riviera Maya. Credo che la penisola dello Yucatan offra molti più spunti d’interesse rispetto al resto della nazione, come spiegherò adesso e nei prossimi interventi. Ringrazio Carlos, la guida che ci ha accompagnato lungo una delle escursioni effettuate, una delle fonti da cui ho tratto quanto scriverò.

Molto curioso il sistema economico messicano, che ha tre fonti principali d’introito. Partendo dal gradino più basso del podio c’è il turismo. Non poteva essere altrimenti, i viaggi in questa terra si sprecano, con voli intercontinentali che, fra le varie compagnie, diventano praticamente giornalieri, nonostante le 11, interminabili, ore di volo. Al secondo posto troviamo il petrolio: dopo la crisi mondiale, gli Stati Uniti d’America hanno perso il primato di avere l’uomo più ricco del mondo, Bill Gates. Ora il più ricco è messicano, e si tratta del proprietario della PeMex, nome che campeggia su moltissimi distributori del paese. A proposito, lì si lamentano che il prezzo della benzina sia alto, e oscilla tra 70 e 80 centesimi di euro, calcolando il cambio dal peso, valuta messicana.

Al primo posto, gli introiti provenienti dal cambio da dollari in pesos. Confesso che sono rimasto sbalordito quando l’ho saputo (Carlos, la guida, invece non ha mascherato l’irritazione spiegandolo): in pratica, ci sono così tanti lavoratori messicani in America che solo con le tasse di cambio il Messico si assicura una buona fetta dell’economia. Non a caso il sistema ha vacillato parecchio quando la crisi economica ha toccato l’America, e i dollari dei lavoratori all’estero non arrivavano più con continuità.

Tornando al terzo gradino, parimenti interessante il cambio di turismo nel corso degli anni: intorno al 1990 i turisti arrivavano perlopiù dall’America, paese che dista appena un’ora di viaggio, con i voli che atterravano nella capitale, Città del Messico. Altra meta era Acapulco, fin quando Cancun decise di investire nel turismo, creando quello che è, teoricamente, il secondo aeroporto messicano per importanza. In pratica, però, i turisti (ancora nella maggior parte americani) si fiondarono lì per visitare un posto nuovo, e da lì man mano si spostarono in basso, per visitare la penisola dello Yucatan e i suoi siti archeologici Maya. Successe una cosa strana: attivando i voli diretti dall’Europa crebbe in maniera spropositata il turismo europeo, e la Riviera Maya, circa 90 chilometri più giù di Cancun, nacque appunto per i turisti italiani, spagnoli, francesi e così via.

Ora, si parla di un terzo aeroporto ad Akumal, direttamente nella zona della Riviera Maya, progetto a cui si oppone fermamente Cancun, come a suo tempo Città del Messico si opponeva alla costruzione di quello della stessa Cancun: i messicani hanno chiaramente visto come sia diminuito il flusso di turisti nella capitale, e Cancun sa bene che lo stesso accadrebbe a lei se ci fosse un aeroporto che farebbe saltare a piè pari il passaggio obbligato prima di arrivare alla Riviera Maya.

Nel prossimo pezzo, se vorrete seguirmi in questo viaggio, vi parlerò del turismo vero e proprio, su cosa è preferibile fare e cosa è meglio evitare. Intanto, fermatevi a raccogliere i vostri bagagli dal nastro trasportatore.

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