Viaggio nella società odierna e la cosmesi.

Si sente dire spesso che quella in cui viviamo sia una società dell’immagine. Una società basata sull’apparenza e sull’esteriorità, sull’estetica e sui prodotti estetici – o cosmetici – e sull’emulazione di alcuni “modelli” di bellezza. Nei mesi scorsi, attraverso le pagine di Arteggiando, abbiamo già parlato dell’estetica (segui gli articoli in basso), chiarendo come questa non designi in realtà qualcosa di superficiale, almeno non in origine e non in campo artistico, filosofico e letterario. Oggi seguiremo un percorso analogo, prendendo stavolta in esame il concetto di “cosmetico”.

“Cosmetico” è un termine che usiamo in riferimento “alla bellezza di una sistemazione ordinata che conferisce armonia al tutto”. Ebbene, non è un caso che oggi i concetti di cosmesi, bellezza e armonia siano correlati, visto che lo sono sempre stati, a partire dall’arte classica. Nel primo trattato sulla bellezza di cui si ha notizia, “Il canone”, scritto nel V secolo a. C. dallo scultore greco Policleto, l’idea di bellezza era strettamente legata a quelle di armonia e di equilibrio, in quanto il “canone” [κανών] del titolo costituiva un insieme di regole (“regola” in greco si diceva appunto kanon) circa i rapporti numerici ideali del corpo umano, le sue proporzioni e l’armonia delle sue forme.

Rapporti numerici, proporzioni e armonia, dunque. Per capire cosa c’entrano con la cosmesi dobbiamo fare un altro piccolo passo indietro, e rivolgerci al filosofo e matematico Pitagora, vissuto poco prima di Policleto (nel VI secolo a.C.). Se in greco “proporzione” si diceva analoghìa [ἀναλογία], “armonia” si diceva invece armonìa [ἁρμονία] oppure omofonìa [ὁμοφωνία]; e quello di armonia era un concetto fondamentale per Pitagora e i pitagorici. Nelle loro scuole, le discipline più importanti insieme alle matematiche erano la musica e la cosmologia: se l’armonia determinava il rapporto tra i numeri e le note musicali, le armonie musicali erano viste come il modello di quelle universali. La cosmologia era lo studio dei grandi rapporti armonici e numerici e dei grandi ordini planetari. Possiamo adesso aggiungere che in greco “ordine” si diceva kòsmos [κόσμος]. Ed essendo il nostro stesso mondo, per Pitagora e i pitagorici, un ordine geometricamente misurabile e matematicamente esprimibile, ecco spiegato perché noi oggi chiamiamo il mondo “cosmo”. L’universo, la totalità delle cose, veniva chiamata kòsmos  perché questa parola rimandava proprio a ciò a cui si rimanda oggi col termine cosmesi, e cioè una sistemazione ordinata o una proporzione armonica.

Da cosmico a cosmetico, dunque, il passo è breve. Così come lo è quello tra filosofi pitagorici e ionici. Secondo questi ultimi, che di Pitagora furono maestri e che vissero fra il VII e il VI secolo a.C., i fenomeni naturali non erano casuali, ma ordinati; oppure passavano dall’essere caotici a ordinati. Questo passaggio è molto importante per tirare le somme del nostro discorso, perché se “disordine” in greco si diceva akosmìa [ἀκοσμία], “mettere in ordine” si diceva kosmèo [κοσμέω], un verbo che designava l’atto di “ordinare” ma anche quello di “ornare”; ornare ad esempio i defunti, che venivano truccati un po’ come avviene oggi in molte culture, anche prossime alle nostre, come quella americana (si pensi alle veglie funebri dei telefilm americani, con le salme imbellettate).

Naturalmente, così come non è possibile mettere in ordine (kosmèo) una stanza vuota, o già ordinata, ma è necessario, per farlo, che vi abbia prima regnato il caos, analogamente la cosmesi e i cosmetici sistemano, riordinano e rassettano ciò che era in un primo momento scompigliato e scarmigliato. Quella ricercata dalle società umane di ogni tempo – seppur secondo equilibri e “canoni” variabili – è, in fondo, nient’altro che una bellezza cosmica.

ANDREA CORONA

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Una bellezza cosmica. Arte, filosofia, società., 4.8 out of 5 based on 6 ratings

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