Molti i temi trattati nella silloge, ma la base positiva e ottimistica su cui tutto poggia lo rende un libro davvero adatto per questo periodo.

Con “La filosofia del sole”, la poetessa Michela Zanarella compie un passo in più fra i sentieri di se stessa e di ciò che la circonda. Un cammino continuo che ha i suoi picchi in alcuni componimenti di queste pagine.

Non manca mai un certo ottimismo nella produzione dell’autrice romana d’adozione, come in “Le parole accanto”, perché è lei che guarda verso il sole, o verso ciò che è bello. Non ignora le brutture del mondo, ma comprende come ci sia del bello ovunque, basta alzare lo sguardo e il cuore. E quindi si passa da una profonda poesia su chi non c’è più, ma senza cadere nel pessimismo, a una sulle sensazioni di chi attende la metropolitana. Ecco, anche nei casi in cui si trattano temi meno aulici, non manca un accenno alla filosofia, come afferma anche Dante Maffia nella prefazione che apre la silloge poetica, oltre ad affermare che Michela Zanarella “riesce a captare essenze che altrimenti si sarebbero disperse”.
In questo libro non mancano versi sulle nuvole e la loro funzione su di noi, come in “la polvere insegna alla terra l’estensione delle nuvole”. Le nuvole sono il personaggio impalpabile che permea tutto, e sono sviscerate in ogni aspetto. Ma è una presenza positiva, come recita lei stessa: “La verità è che temiamo / che dare confidenza alle nuvole / significhi raccontarsi troppo agli orizzonti”.
Una raccolta di poesie da recuperare e leggere, specialmente in questo periodo, in cui abbiamo ben bisogno di ottimismo e di amore. L’amore che affonda le sue radici nel libro del 2011, “Sensualità”, e che ne “La filosofia del sole” canta quando scrive che “È sorto poco più in là del sole / il nostro destino / giunto dagli occhi del vento”, e che arriva attraverso tutto ciò che abbiamo attorno.
Come detto, la prefazione è firmata Dante Maffia, grande poeta e saggista italiano, che ha fatto il suo esordio artistico nel 1974, raccogliendo da allora premi su premi, come la medaglia d’oro alla cultura della Presidenza della Repubblica nel 2004, o due volte il Premio Nazionale Rhegium Julii, nel 1984 e nel 2007. Nel 2019, lo stesso premio è andato a Franco Arminio per “L’infinito senza farci caso”.

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