A dispetto del titolo, non si tratta dell’ultima lezione del corso di scrittura creativa. Manca pochissimo, ma qui trattiamo di come chiudere al meglio una storia, come mettere la fatidica parola “fine” senza rovinare il lavoro precedente.

Già, perché è un rischio da non sottovalutare. Stephen King, nella stesura della sua saga “La Torre Nera”, composta finora da 7 romanzi (è di prossima uscita l’ottavo), si è trovato di fronte a questo dilemma. Dopo quasi 5000 pagine, divise in 7 tomi, e dopo tantissima, infinita carne messa al fuoco, dare un finale degno era diventato impossibile. Non voglio fare spoiler, vi dico solo che l’autore statunitense ha avuto molte critiche riguardo la conclusione della storia sul pistolero Roland, quando si trova nella Torre Nera inseguita per tutta la sua esistenza.

Fa parte dei rischi: a lui è successo, appunto, perché dopo 5000 pagine di vicende, narrate magistralmente, il lettore aspettava un finale degno delle vicende precedenti.

Un piccolo consiglio in tal senso: se siete arrivati a descrivere i personaggi, le ambientazioni, creare un buon intreccio, e a curare i particolari, i vostri personaggi avranno ormai vita propria. Seguite ciò che vi dicono di fare, e arriverete a una conclusione soddisfacente.

Occhio magari alle fasi precedenti, se siete alle prime armi e volete imparare a scrivere: per quanto il finale, nei romanzi più vivi, si scriva da solo, partite da un’idea quantomeno abbozzata, compresa la conclusione. Mal che va, ne avete una pronta.

E altra piccola raccomandazione, dato che la scrittura presenta molti pericoli: in vista delle ultime pagine, non dovete strafare a tutti i costi nel corso delle vicende. Non c’è assolutamente bisogno di esagerare per catturare il lettore, altrimenti potreste non uscirne vivi.

Mi spiego: mettendo sulla scena due-tre personaggi degni di nota, gestire la fine presenta molte meno variabili. Oppure, se volete inserirne un numero maggiore, potete usare il principio dei film horror, con folla iniziale, sparizione di molti di loro durante lo svolgimento della storia fino a lasciarne pochi per la conclusione. Gestire invece un alto numero di persone, con le variabili moltiplicate, potrebbe portarvi a scrivere un finale scialbo, non calcolando quello o quell’altro personaggio.

Lo stesso accade se avete da trattare delle nozioni ampie, rispetto a un ambito circoscritto delle nozioni stesse. Probabilmente non riuscirete a sviluppare tutto alla stessa maniera, in una chiusura convulsa.

Incappare in questo errore, o in generale nel rendere la conclusione meno esaltante delle vicende stesse, può farvi perdere lettori, che ci penseranno due volte prima di comprare un altro vostro libro.

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La medicina della scrittura (16° parte). La fine, 5.0 out of 5 based on 5 ratings

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