Facebook è ormai un impero. Su queste premesse si è svolta la puntata di Report del 10 aprile: la giornalista Milena Gabanelli ha affrontato uno dei temi più scottanti del nuovo social network per eccellenza.

L’uso dei dati privati di circa mezzo miliardo di utenti, è uno dei nodi spinosi della creatura di Mark Zuckerberg. Quello che forse è mancato, nella trasmissione andata in onda su Rai Tre, è stato sentire l’altra campana: un’ora netta a paventare furti di identità, invio di spam “legalizzato” e quant’altro, senza tener conto di altri fattori.

C’è da dire che, alla fine, quanto evidenziato da Milena Gabanelli è quanto mai veritiero: non sono così diffusi, ma i furti di profilo e di identità avvengono continuamente. Uno dei casi più recenti riguarda un consigliere regionale pugliese, che si è visto sottrarre il profilo da hacker sconosciuti. Ha dovuto rinunciarvi e aprire una pagina fan dopo che la sua foto personale è stata sostituita da una scena pornografica.

Come detto, però, è mancato uno studio sulle componenti positive del social network stimato ad oggi 50 miliardi di dollari. Al di là del fatto di potersi mettere in contatto con vecchi amici, c’è da considerare un semplice punto: l’utente medio non bolla come terrorismo informatico la pubblicità che campeggia in ogni pagina del social network, anzi ne usufruisce e clicca qua e là, se interessato alla pubblicità stessa.

Facebook forse fa un uso non del tutto limpido dei dati personali, ma è un uso che l’utente “chiede”. Il non ribellarsi non è sempre sintomo di intorpidimento, a volte può essere un tacito plauso.

Il tema è trattato anche dal film “Social network” di David Fincher, e Zuckerberg, creatore di Facebook, ha sottolineato più volte durante le sue interviste: la scheda personale viene effettivamente creata, ma principalmente per dare all’utente un servizio migliore.

Se poi si prova il timore di vedere le notizie personali nelle mani sbagliate, allora l’errore alla base è restare iscritti e non eliminare il profilo. Ma il numero di utenti, che cresce di giorno in giorno, attesta che forse tutta questa preoccupazione non c’è.

Un paio di interrogativi però restano, al di là della trasmissione di Milena Gabanelli: nella stessa serata si è parlato di Wikipedia, che non contiene pubblicità e che è sostenuto solo dalle donazioni.

Facebook, invece, non solo è zeppo di pubblicità, ma sta anche per essere quotato in borsa, con le quotazioni formate da noi utenti, valutati 100 dollari a cranio. Se non siamo usati, poco manca.

E a proposito dell’essere usati, altro dubbio, lecito, mi è venuto nel seguire Report. Parlo del modo in cui viene gestito il social network. La censura è quasi inesistente sulla creatura di Zuckerberg, ma se tutto questo dovesse cambiare? Mi spiego: nelle fasi finali della trasmissione andata in onda su Rai Tre, si è paventata per la millesima volta la chiusura dei siti e programmi utilizzabili per scaricare gratis eventi altrimenti visibili sulle TV a pagamento.

Ormai sono assuefatto a questi allarmismi, quindi il mio pensiero è andato subito oltre, ai profili personali: se quelli dovessero davvero, e per la prima volta, subire lo stretto giogo della censura? Facebook ha lati negativi ma anche lati positivi, lo ripeto, ma se gli utenti dovessero sul serio avere a che fare con un sistema di controllo delle masse?

La censura massiva su Facebook, difatti, vorrebbe dire soltanto questo: un controllo globale. Ognuno sarebbe a quel punto libero di passare a un nuovo social network o rispolverarne uno “vecchio”, ma, una volta quotato in borsa, tutto può accadere, pur di salvaguardare le azioni e gli interessi economici.

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Facebook: report del social network per eccellenza, 4.6 out of 5 based on 10 ratings